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al testo di Robert Wasp Pirsig
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L’arcobaleno raccoglie i gradienti del genere luce scomposta a nastri in vera pelle; nastri da regalo privi di nodi che si tengono insieme da more. Sempre bianco come nient’altro il gelsomino colto dal sole. Vivaio di fuoco, serra il celeste impero. La curiosità tratta l’attenzione con un occhio particolare. Insoddisfacente nonostante l’organza in corteo il raso intubato con volant e il fresco cotone del sorriso che gioca sulla costa d’avorio. Dai loro punti interminabili, le voglie prendono le stelle con rotte instabili, non a vista. Si nascondono, in una parola. Le sorprendiamo e ci sorprendono. Abbiamo potenti visioni, ma svaniscono in fretta quando indichiamo l’autore. Un dito sollevato al cielo crea un vuoto d’aria per l’appunto. Chi altri legge oltre la battuta curiosa delle penne? Gli uccelli sono scrittori volatili? Su di un muretto del parcheggio, una coppia si sottopone al giudizio dell’ombra per un po’ di ormoni: in genere sembra un luogo comune ma a bassa voce si crea il deserto intorno. C’è un miraggio in corso e qualsiasi cosa sembri non si scompone.
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